domenica 25 settembre 2011

Domande esistenziali

Se dovessimo elencare i dieci comandamenti delle relazioni amorose sarebbe appropriato cominciare da un: "Non attaccare malattie veneree"?

giovedì 8 settembre 2011

La teoria della centrifuga

L'altra sera il mio coinquilino, a fronte di "chiacchiere sul senso della vita" e un bicchiere di vino, solennemente ha decretato che sono in espansione.
E per una volta non si riferiva ad un imbarazzante aumento di peso.
Subito associo il commento all'immagine di una cacca che cade dall'alto e atterrata si spatascia ovunque sfruttando la gravità per allargare il suo micidiale campo d'azione (tipo quella delle mucche, per capirci).
Invece no, l 'espansione di cui sopra è sì affare di interiora ma ancor più a fondo dell'intestino.
Questi ultimi mesi sono stati preziosi, puntellati di nuove esperienze, belle persone e scelte importanti, addirittura audaci, ben vissuti insomma!
Ho traslocato, e come spesso accade in simil casi ho rinsaldato il legame con la mia famiglia; ho coltivato amici che arricchiscono e trovato in loro una famiglia in più, nuova, scelta; ho viaggiato, lavorato, letto, ho curato, seppellito, ho fatto un cappello di lana coi ferri,mi sono fatta derubare, ho imparato a cucinare; ho concluso una relazione difficile, ho avuto l'ardire di iniziarne un'altra; ho lasciato il mio lavoro dopo 10 anni solo perchè sentivo fosse giunta l'ora, imparato tutti i trucchi per far dormire un bambino, vinto 3 euro a poker, ho portato il mio nonno a passeggiare, visto la mia nonna con il walkman, fatto il bagno al gatto.
Tutt'a un tratto ora mi sento pervasa da un gran brulicare di forza, mi sorprendo in pensieri che esulavano dal mio temperamento e ho la netta impressione di cogliere la realtà che mi circonda con una lucidità migliore.
Nei bambini succede che possa essere difficile imparare a parlare: ascoltano, capiscono, incamerano, ma anche se stimolati preferiscono tacere e indicare a dito piuttosto che proferir parola. L'"esplosione verbale" è quella fase in cui, apparentemente senza un perché, tutte le parole imparate sgorgano improvvisamente da una voce che non s'era fatta udire ancora.
Ecco, la mia è un'esplosione dei pensieri, più simile ad una centrifuga sbagliata che ti sforma i maglioni che ad un'illuminazione zen, eppure mi lascia esterrefatta quanto la prima volta che mio nipote m'ha chiamata zia!

martedì 9 agosto 2011

Molliche da seguire

Soffocare la nostalgia
nel rum di un locale non familiare
solo perché vissuto assieme

Nel rum
solo perché più efficace del vino rosso

Nelle parole di uno sconosciuto
perché cerco te dove lavora lui,
lì ci abbiamo mangiato insieme

E lui mi dice in un'ora
ciò di cui tu m'accusi da mesi

che metto in soggezione
provoco imbarazzo
timore di deludermi al dir no ai miei auspici

Come un cane
cinque minuti per il collare
mezz'ora per il guinzaglio.

Ma sono una bella persona
rara,speciale

E me lo dice con un bacio sulla guancia
prima di scappare.

Non vivo se non nel ricordo
la saggezza è data solo dall'attraversar dolore

E l'uomo che spazza sotto le sedie
osserva il mio delirio.
Con compassione
temo.



P.s.
Scopro solo dopo giorni,che in quello stesso momento,"Lui" seguiva il ricordo di me nello stesso ristorante,distante 500 mt da dove mi trovavo io e più di 60 km da dove vive...

lunedì 11 luglio 2011

Espiazione

Muoio di nostalgia.
Sedo il dolore con quella rabbia cieca che ti fa fare solo cose di cui ti pentirai amaramente.
Porre la tua salvezza in mani ormai lontane, indifferenti, non è quanto di più autodistruttivo tu possa fare. Non se sei un'fenomeno nel settore.

domenica 3 luglio 2011

Il pesciolino e il pellicano che gli insegnò a volare

C'era una volta, in un paese di pescatori, una bella mansarda al quarto piano.
In questa mansarda viveva una famiglia con due bambini.
Questi bambini, siccome non potevano tenere un cane in una casa così piccola, l'ultimo natale avevano ricevuto in regalo una boccia di vetro.
E dentro la boccia di vetro viveva un pesciolino.
Si chiamava Beppe.
Ecco, questa storia parla di lui.
Erano passati ormai alcuni mesi da quando si era trasferito nella sua nuova casa e la viveva con un senso di puro sollievo: ancora era vivido il ricordo del grande acquario del negozio di animali dove era nato.
Enorme, affollato, attraversato da milioni di suoni, di luci, di colori, aveva l'effetto di farlo sentire piccolo piccolo, insignificante in mezzo a tutto quel brulicare.
Non passava giorno senza che qualche cliente bussasse nel vetro, senza che qualche alga lo imprigionasse, senza che il pesce palla si innervosisse e lo ferisse con uno dei suoi aculei gonfiandosi all'improvviso.
La boccia era tutta un'altra cosa e Beppe aveva trovato una dimensione in cui si sentiva grande, padrone dello spazio e predatore in un territorio suo.
Aveva un solo amico: Giù.
Erano talmente abituati a nuotare insieme che in quella loro sincronia non si toccavano nemmeno, tra loro erano i coinquilini migliori possibili!
Così, fatta eccezione per qualche film che intravedevano nel riflesso di un'anta della finestra e le risa dei giochi dei bambini, la loro reciproca compagnia era l'unica cosa a scandire le giornate nello scorrere di un'esistenza senza scosse.
Beppe trovava che Giù non avesse un carattere facile ma la ristrettezza della delle circostanze gli aveva insegnato a tollerare le sue risposte piccate e i suoi frequenti malumori.
Era proprio un bastian contrario!
A Beppe piaceva parlare dei film che vedevano, ma se si commuoveva guardando una storia d'amore l'altro subito lo canzonava chiamandolo "mammoletta", e se si emozionava con un'avventura di viaggi intorno al mondo l'amico non perdeva occasione per ricordargli che non avrebbe mai potuto provare niente di simile.
-"Smettila di pensare da sognatore e tieni i piedi per terra! Siamo destinati a rimanere qui dentro fino all'ultimo dei nostri giorni, solo io e te!"
Beppe odiava contraddire Giù, sapeva bene quanto fosse facile farlo arrabbiare, quindi, essendo un tipo a cui piaceva scherzare, preferiva distrarlo sdrammatizzando:
-"Quali piedi?!?Semmai le pinne!"
Non che Giù non volesse bene a Beppe ma quando si erano conosciuti l'aveva visto così insicuro, fragile, un pò ingenuo, che si era assunto l'incarico di preservarlo dai dolori della vita, dalle difficoltà, dalle delusioni.
Aveva già sofferto troppo in quel carnaio di acquario e Giù aveva deciso che si sarebbe preso buona cura di lui e che l'avrebbe protetto a qualunque costo.
Passò la primavera e con l'estate la grande finestra cominciò a rimanere aperta.
Rumori gentili e profumi di fiori si offrivano spontanei ai due pesciolini nella loro licquida dimora.
Un giorno, apparentemente uguale a tutti gli altri, qualcosa successe.
Un pellicano, affannato da un lunghissimo volo, planò e si appollaiò alla finestra.
Notando la boccia disse:
-"Ciao!Io mi chiamo Sandra. Posso riposare qui per un pò? Non ho la forza di proseguire."
Giù corse a nascondersi dietro le alghe ma Beppe rimase lì, a bocca aperta, come un paganello e non un raffinato pesce d'acquario, a fissare questa creatura enorme e bianchissima.
Riuscì a balbettare il suo nome solo quando il pellicano gli disse che non lo avrebbe certo mangiato, che si credeva? Lei era una signora educata e sapeva di essere un'ospite!
Intanto Giù dal suo nascondiglio continuava a richiamare l'amico:
-"Beppe! Sei matto? Cosa fai lì? Corri, scappa finché sei in tempo!"
Per un lunghissimo tempo Beppe rimase lì senza sapere che fare, paralizzato dall'emozione e dallo sgomento, in silenzio, con gli occhi fissi in quelli di Sandra, e fu come se quello non fosse più silenzio ma dialogo, un piccolo cuore veloce parlava ad un grande cuore veloce.
La paura, così com'era arrivata, svanì.
Parlarono a lungo, con foga, come se avessero dovuto raccontarsi due vite in cinque minuti, come se avessero dovuto misurare la sabbia di due deserti con cucchiaini da caffè.
Dopo poco Sandra volò via ma non prima di aver promesso che l'indomani sarebbe tornata.
Giù quella sera fece una vera e propria scenata: era così arrabbiato che avrebbe preso a schiaffi l'amico.
-"Cosa diavolo ti è venuto in mente? Arriva un essere mostruoso dal cielo, e tu che fai? Lo inviti per la merenda! Follia pura! Ma lo sai che quella cosa ci può mangiare in un sol boccone a tutti e due? Guarda, ti proibisco di mettere in pericolo le nostre vite in un modo tanto assurdo! E per cosa? Per parlare dei viaggi tra continenti! Dei mari, delle onde e delle tempeste che non vedrai mai! Cosa te ne fai di questo tu che sei destinato a rimanere qui, con me, per sempre? Niente! Ecco cosa, non te ne fai niente! Quindi vediamo di sbarazzarci di quell'imbottitura da cuscino prima di lasciarci le pinne!"
Beppe tentò di rassicurare Giù, lui sentiva che non c'era nessun pericolo, anzi, che questa era un'occasione unica di imparare, di crescere, di vivere, vivere davvero!
Ma sapeva anche che quando Giù s'impuntava così non c'era verso di persuaderlo e preservare il rapporto con il suo unico amico era più prezioso di qualunque volo Sandra potesse fargli fare: se Giù voleva che Sandra non tornasse più bisognava trovare il modo di scacciarla, perciò, seppur a malincuore, si concesse a Giù che lo preparò per l'indomani.
Un frullio d'aria spostò l'aria calda del primo pomeriggio e Sandra apparve nuovamente alla finestra, ancor più imponente di quanto Beppe potesse ricordare.
Vederla così gli provocò un brivido di timore e da questo attinse forza per ripetere le parole che Giù gli aveva fatto imparare a memoria, parole crudeli che le negavano la sua stima e la sua compagnia.
Si chiuse poi in un ermetico silenzio, attendendo.
Ma non successe nulla di ciò che Giù aveva previsto: lei non fuggì, non urlò, e soprattutto non se li mangiò.
No.
Lei pianse.
Un pianto silenzioso, come le gocce d'acqua quando rotolano da un bicchiere troppo pieno.
Beppe si sentì lacerato: la fedeltà a Giù gli costava ora un prezzo troppo caro e sentì montargli dentro la rabbia di un riscatto legittimo.
D'improvviso si voltò e nuotando con tutta la forza che aveva gli si scagliò contro.
Era colpa sua se stava perdendo l'unica opportunità di non morire in quella palla di vetro e no, no! Lui non voleva rinunciarvi!
Questi pensieri gli attraversavano la mente come saette mentre prendeva velocità e fu un attimo incrociare gli occhi di Giù prima della collisione, giusto un attimo... prima di capire che quegli occhi erano i suoi...solo un attimo... per realizzare che Giù non era mai esistito, era solo un riflesso, il suo riflesso, l'eco delle sue paure e della sua solitudine... giusto un attimo...per colpire il vetro talmente forte da mandare in frantumi la boccia.
Si ritrovò a terra in una pioggia d'acqua e di vetri, annaspando e dibattendosi.
Era finita.
Forse sarebbe stato meglio non capire, non voler sapere.
Ora moriva, a cos'era servito voler vivere se questo alla fine otteneva?
E fu in quel momento che Sandra, varcato il confine tra animali selvatici e animali domestici, si tuffò in casa, se lo prese nel grande becco e se lo portò via, in cerca d'acqua.
La trovò appena in tempo e riempiendosene la gola restituì ad entrambi la possibilità di una nuova vita.
Raggiunsero il mare e Beppe, volando con lei su quell'orizzonte sconfinato, vide realizzarsi il suo sogno, e seppe che di vivere, e di amare, valeva assolutamente la pena.
Non vissero felici e contenti per sempre perchè anche se questa è una favola in cui gli animali possono parlare attinge alla vita vera in cui sappiamo che un pesce e un pellicano avranno la loro dose di difficoltà a stare insieme, ma tutte le storie reali ne hanno, o sono solo bugie.
Perciò i nostri eroi continueranno a sfidare un mondo spesso ostile e complicato, traendo forza dalle reciproche differenze e peculiarità, reinventando nuovi modi di completarsi senza sfigurarsi a vicenda.
Facciamo allora che vivranno ai piedi di un bel faro con cui organizzeranno un cineforum di ombre cinesi nel week end.
Questo sì che è un finale più realistico del classico "e vissero per sempre felici e contenti"!

giovedì 23 giugno 2011

Ho sceso dandoti il braccio....

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Eugenio Montale
(1896-1981)

domenica 15 maggio 2011

Il corteggiamento come l'agricoltura..

"Lasciati corteggiare!" Questo il consiglio di una cara amica poco più che cinquantenne. Lei, adeguatasi allo zitellaggio, vive con la mamma , alleva somatismi manco fossero teneri cuccioli e la sua idea di emancipazione femminile poco si scosta da quella della chiesa di età medievale. Ma al mio risveglio le sue parole mi tuonano in testa. Ripercorro mentalmente la serata precedente. Approccio sfrontato, invito diretto, prevedibile consenso, lieve flirt, scambio di contatti,appuntamento prossimo comprensivo di: "Sali a vedere la mia collezione di farfalle?" Talmente semplice da sembrare circuizione di incapace. A lasciarti insoddisfatta è il dubbio: come sarebbe andata se avessi concesso all'incapace spazio di manovra? Magari quanto basta a farti scoprire che era capace,in grado di vincere le tue resistenze e sedurti addirittura! Ma disillusa non cerchi più la sazietà, come un licantropo antropofago vai nel mondo e ti servi,prendi solo ciò di cui hai bisogno per nutrirti, concedendoti giusto qualche variazione nella dieta. Questo non è corteggiamento,è caccia. Immagino sia un'attimo arrivare ai cinquanta ancora nel tuo letto di bambina. Non hai seminato, coltivato, raccolto....la mandria è più veloce,tu rallenti e il WWF raccoglie sempre più consensi...

sabato 7 maggio 2011

Leggendo leggendo...

QUELLO CHE NON VOGLIO
( Una canzone per Fabrizio De André )

Io non voglio morir cantante
Se al buon sonno del padrone
Servirà la mia canzone
A gola storta voglio cantare
Ringhio di porco e romanze nere
Voglio svegliarvi col fiato ansante
Io non voglio morir cantante

Io non voglio morir poeta
Di ogni passione sceglier la dieta
Gioie,amorini e dolori piccini
Da imbalsamare dentro il rimario
Della giuria al valor letterario
Coda di sangue ha la mia cometa
Io non voglio morir poeta

Io non voglio morir artista
Accucciato come un vecchio cane
Sotto il trono del re dei denari
Tra leccaculi e cortigiane
Che alle mie rughe voglion rubare
Fiori di gelo,dolori e fame
Li accechi il fuoco della mia vista
Io non voglio morir artista

E io non voglio morire libero
Se i begli alberi del mio giardino
Annaffia il sangue del mio vicino
Meglio la peste che l'ipocrita danza
Di vostra santa beneficenza
Chiudete la cella lasciatemi stare
Di libertà vostra non voglio morire

Io non voglio far altro che vivere
Tra una corda e l'altra saltando
Dentro la cassa di una viola da gamba
Voglio ascoltare le voci di fuori
Ringhio di porco voce di dama
Tamburo indio amore che chiama
E voci spezzate di cento popoli
Io voglio vivere,non ho altro da fare

Io non voglio che mi ricordiate
Nel trionfo,ma nella mia sera
Nelle cose che dissi tremando
In ciò che suonai con paura
Povere genti che ai menestrelli credete
Dimenticarvi di me non potrete

E io di voi scordarmi non posso
Dentro un tramonto feroce e rosso
Dentro un cielo di sangue e vino
L'ultimo accordo che io imparai
Io non voglio,non voglio morire
E a morire non riuscirò mai.


LE BEATRICI
Stefano Benni

giovedì 21 aprile 2011

Paese che vai...

Recentemente mi sono trasferita; nuova casa, nuovo quartiere, un diverso campo d'azione che porta a cambiare le proprie abitudini.
E così, come quando si intraprende un lungo viaggio, da soli, lontano lontano nel mondo,si presenta l'opportunità di reinventarsi, misurarsi, osare oltre i confini della routine.
Pur avendo sempre vissuto nella stessa città sono risultata immediatamente un elemento estraneo spiccando come un pianoforte in una sauna; osservata, indagata, molto chiacchierata.
Essendo campionessa mondiale del "farmi i cazzi miei" a lungo non mi son presa la briga di chiarire che il 50enne c'ù mellone che vive con me non è il mio uomo o che il fatto di essere sparita per più di un mese coincidesse con un viaggio in Thailandia e non con un ricovero a seguito di percosse come ipotizzato dal brulicante vociare dei miei nuovi anziani, annoiati, pettegoli vicini.
Poi, come ti sorprende una merda d'uccello che ti centra una spalla mentre aspetti alla fermata del bus, così un bel giorno sono comparsa al bar dei vecchietti in fondo alla strada chiedendo di poter giocare a carte con loro.
E' stato un colpo, un vero colpo.
Ho 27 anni, sono abbastanza carina da non far dubitare la mia appartenenza al genere femminile e non ho l'abitudine di ruttare in pubblico, mentre il locale, pur essendo molto popoloso, non vanta una sola frequentatrice donna,nemmeno di natura dubbia.
La reazione è stata il corrispettivo in stupore del caso in cui il suddetto pianoforte da sauna avesse cominciato ad abbaiare cimentandosi in un numerino di tip tap.
Da allora è passato qualche mese; vado a giocare a carte almeno un paio di volte a settimana, imparo i trucchi del maraffone, a contare il mazzo durante la briscola, la posizione in classifica del Napoli e un'elenco di imprecazioni, insulti e bestemmie in dialetto da far impallidire anche il più sboccato scaricatore di porto!
Dal canto mio in cambio illustro loro il concetto di emancipazione femminile, le inimmaginabili ragioni per cui non è considerata cosa buona e giusta tradire la propria moglie e i mille incredibili vantaggi derivanti da un'accurata igiene personale!

venerdì 1 aprile 2011

La bimba che si è persa

La bimba Marina si è persa.
Un istante prima era ancora lì; si guardava intorno serena e fiduciosa; gli occhi le brillavano mentre ascoltava le chiacchiere dei grandi,quei lunghi discorsi che parlavano di lei,di quanto era bella e buona e mangiava tutta la merenda.
Poi successe qualcosa,nessuno ha mai capito che cosa.
Forse i pianeti si allinearono davanti al sole e sulla sua fronte cadde un'ombra fredda e buia; forse la voce di uno dei grandi si spezzò e ne uscì una nota falsa,sforzata,insincera; forse gli occhi della bimba incontrarono altri occhi che si ritrassero imbarazzati.
Lei comunque scomparve.
Al posto suo c'è un'altra che le somiglia,ma si tratta di una copia,che può ingannare solo chi non la conosceva: gli occhi non le brillano,non mostrano alcuna fiducia.
Quest'altra Marina sa guardare tutti senza imbarazzo,sa preparare loro la merenda,sa vivere all'ombra e al freddo; ma è come se aspettasse la sera,come se tutto la lasciasse indifferente,come se ci fossero solo delle cose da fare,delle cose che vanno fatte,e nessun altro le farebbe,e occorre sbrigarsi a farle,per poter finalmente andare a dormire.
Da allora in molti hanno avuto l'impressione di vedere ancora la bimba Marina.
Ci sono giornate in cui l'aria è tiepida e profumata; ci sono momenti in cui qualcuno si lascia andare,dimentica la sua paura e racconta una storia dolce,per il puro piacere di farlo; ci sono suoni melodiosi che talvolta emergono sai solchi di un disco,parole piene di sentimento che si formano su una pagina; e molti hanno detto che quando capita una di queste fortunate circostanze,per un attimo,la bimba Marina torna al suo posto e gli occhi le brillano ancora e vuole ancora essere lei a mangiare la merenda,vuole anzi che qualcuno gliela prepari,che le imburri il pane e glielo porga,con gesto gentile.
Ma si tratta di un attimo,appunto; basta un lieve tremito nella mano che si tende verso di lei,un'impercettibile esitazione nella voce di chi racconta la storia,uno zefiro appena più pronunciato,un piccolo barlume d'inverno,e la bimba scompare.
Là dove si è persa non c'è niente e nessuno,ma anche niente e nessuno che possa fare del male.


"La filosofia in 52 favole"
Ermanno Bencivenga