venerdì 8 marzo 2013

Diario di bordo:Santa Cruz


Ho cominciato la muta.
Non e' che una puo' mettersi in costume su un lago a 4000 mt all'ora di pranzo e sperare di poterlo raccontare.
Scammellare lo zaino provoca un tedioso fastidio e la squamatura a forma di H che mi costringera' a lanciare il leopardato come moda per l'estate 2013.
In queste condizioni e con l'ormai collaudato aspetto da profuga mi presento alla reception del Jodanga Backpackers Hostal.
Ho deciso di trattarmi bene per questi ultimi giorni e la mia guida parla di un'invitante piscina in un ambiente conviviale e pulito.
Dopo essere stata truffata dall'ennesimo taxista mi ritrovo in una periferia poco affascinante,la piscina promessa e' una vasca da bagno incastonata in un cortile quasi privo di sole e per 90 Bs mi ritrovo in cima ad un letto a castello,in un dormitorio.
E' piu' del doppio di quanto abbia pagato fin'ora per stanze singole ma siamo lontanissimi dal centro (fuori dal primo anello:fate conto a Roma,fuori dal grande raccordo anulare!) e sono distrutta.
All'arrivo mi viene consegnato un foglio in A4 con i comandamenti dell'ostello (in inglese,questo avrebbe dovuto insospettirmi):un miliardo di regole che vanno dal divieto di fumo,al divieto di introdurre alcolici,all'obbligo del silenzio in certi orari.
Questi qua sono peggio delle suore,penso.
Invece il trucco c'e' ed e' il bar dell'ostello:alla spicciolata escono dai dormitori giovinastri poco piu' che adolescenti che per cifre irragionevoli cominciano a scolarsi caipiriña servita in coppette da gelato,mentre spaciugano ognuno al proprio palmare-pc-cellulare.
Mi viene in mente la battuta di un celebre film..."Vedo la gente morta..."
In un angolo un ragazzo suona la chitarra,mi avvicino speranzosa giusto per scoprire che e' un seguace dell'heavy metal e me la squaglio quando mi sottopone orgoglioso il suo gruppo di rutti e casino all'mp3.
Tra inglesi,svedesi,norvegesi e tedeschi fanno eccezione un iraniano e un argentino che parlano in spagnolo,ma la lingua ufficiale qui e' l'inglese ed io perdo la capacita' di formulare una frase utilizzando un solo idioma.
Tentando di svegliarli dal loro torpore tecnologico li sfido a biliardo ma il livello alcolico e' gia' talmente alto che quando vinco la quarta partita mi scoccio ed esco.
Mi imbatto in un centro fisioterapico:per un massaggio pago meno che per Nelson e mi si presenta un donnone giunonico dal tocco di farfalla.
I miei linfonodi inguinali non sono degnati della benche' minima attenzione.
Nemmeno le mie orecchie pero'...
La mattina dopo fuggo da questo Villaggio Turistico Alpitour prima di rischiare di imbattermi nel pulcino Pio e,ancora indignata contro la categoria dei taxisti,mi carico lo zaino e,un po' coi mezzi un po' a piedi,attraverso la citta'.
Mi chiedono cifre folli fino a quando rinuncio ad ogni velleita' da hotel comodo e riparo all'ostello della mia prima notte in Bolivia.
Il proprietario si ricorda di me(ero quella verde che sopraffatta dal jet lag alle 4 del mattino fumava in cortile partecipando all'accoglienza degli arrivi notturni) e mi saluta per nome.
Ciara,come per tutti i boliviani,ma mi sento finalmente a casa.
Per 40 Bs ho una stanza tutta per me,un letto da corsia d'ospedale,la stessa doccia con l'acqua fredda dove inutilmente ho sacrificato strati di pelle alla goliardia del carnevale e che mi fa capire che e' quasi finita.
Come nel monopoli:dopo la notte in prigione sono tornata al "Via".

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